SMA: QUANDO LA TERAPIA GENICA NON È L’ULTIMA PAROLA

Nuovi dati dallo studio RESPOND mostrano miglioramenti della funzione motoria e segnali di riduzione della neurodegenerazione nei bambini con bisogni clinici ancora insoddisfatti dopo la terapia genica.

“E se una seconda possibilità potesse cambiare il decorso della SMA?” È una domanda che riguarda famiglie, caregiver e clinici e che accompagna ogni decisione terapeutica quando i risultati non sono quelli sperati. La terapia genica ha segnato un prima e un dopo nella storia dell’Atrofia Muscolare Spinale, ma l’esperienza clinica insegna che non tutti i percorsi sono lineari e che, per alcuni bambini, il bisogno di cura resta aperto. In questo contesto, Biogen ha annunciato che The Journal of Clinical Investigation ha pubblicato i dati ad interim dello studio RESPOND, che riportano miglioramenti della funzione motoria nella quasi totalità dei partecipanti – neonati e bambini con Atrofia Muscolare Spinale (SMA) – trattati con nusinersen dopo aver ricevuto la terapia genica onasemnogene abeparvovec.

QUANDO LA RISPOSTA ALLA TERAPIA GENICA È INCOMPLETA

Per anni la narrazione è stata semplice: diagnosi precoce, terapia genica, speranza. La realtà clinica, però, è più complessa. Alcuni bambini, pur trattati con onasemnogene abeparvovec, continuano a mostrare segni di funzione motoria subottimale e biomarcatori di neurodegenerazione ancora attivi. Non è un fallimento, ma l’evidenza di un bisogno clinico insoddisfatto. Ed è proprio in questo spazio che si colloca lo studio RESPOND.

LO STUDIO RESPOND E LA DOMANDA CHIAVE

Immagina uno studio che non cerca il “miracolo”, ma una risposta concreta a una domanda pratica: “possiamo fare di più per questi bambini?” RESPOND è uno studio di Fase 4, in aperto, della durata di due anni, che valuta l’efficacia e la sicurezza di nusinersen in neonati e bambini piccoli con SMA che avevano mostrato una risposta clinica non ottimale dopo la terapia genica. I partecipanti, 46 in totale, hanno ricevuto nusinersen per via intratecale con quattro dosi di carico seguite da somministrazioni di mantenimento ogni quattro mesi. Al basale, quasi tutti presentavano una funzione motoria subottimale e segni oggettivi di neurodegenerazione attiva, come livelli elevati di neurofilamenti e una marcata denervazione.

I MIGLIORAMENTI MOTORI CHE CAMBIANO LA QUOTIDIANITÀ

Dopo oltre nove mesi di follow-up, i dati ad interim parlano chiaro. Il 95% dei bambini valutabili ha mostrato miglioramenti della funzione motoria, misurati con scale cliniche utilizzate nella pratica quotidiana come HINE-2 e CHOP-INTEND. Oltre la metà dei bambini che all’ingresso nello studio non era in grado di stare seduta senza supporto ha acquisito questa capacità nel corso del trattamento. Per molte famiglie non si tratta solo di un dato clinico, ma di un cambiamento concreto nella vita di tutti i giorni.

NEUROFILAMENTI E SICUREZZA: I SEGNALI BIOLOGICI

Parallelamente ai miglioramenti funzionali, quasi tutti i partecipanti hanno mostrato un rapido declino dei livelli di neurofilamenti, biomarcatore associato alla neurodegenerazione, seguito da una fase di stabilizzazione. Un segnale biologico che suggerisce come il processo patologico fosse ancora attivo e potenzialmente modificabile. Sul fronte della sicurezza, l’80% dei partecipanti ha riportato almeno un evento avverso, per lo più lieve o moderato. Gli eventi avversi gravi, presenti nel 37% dei casi, si sono tutti risolti e nessun bambino ha interrotto il trattamento. È stato segnalato un decesso per arresto respiratorio, ritenuto non correlato a nusinersen.

COSA CI DICONO QUESTI DATI SUL FUTURO DELLA SMA

Gli autori riconoscono i limiti dello studio, che non è comparativo e non consente di attribuire con certezza assoluta i miglioramenti al solo nusinersen, oltre alla natura soggettiva della definizione di “stato clinico subottimale”. Nonostante questo, il messaggio che emerge è forte: “la SMA non è un percorso a binario unico”. Terapia genica e terapie modificanti la malattia possono dialogare e, per i bambini con bisogni clinici ancora aperti, questa integrazione potrebbe rappresentare una nuova opportunità. In attesa dei dati finali previsti per il 2026, RESPOND invita a non fermarsi alla prima risposta e a continuare a interrogare la ricerca là dove la realtà clinica lo richiede.

Fonti:

Immagine di copertina: Ufficio Stampa Espresso Comunicazione