Sessualità ed affettività delle persone con disabilità, un detonatore ad alta carica esplosiva

La sessualità, un tabù ancora troppo radicato nella nostra cultura, una miscela esplosiva, che provoca indignazione e disprezzo, se la si associa alla disabilità.

In quanto tassello essenziale nel provare e suscitare piacere, la sessualità aiuta ad avere un buon rapporto con il nostro corpo e favorisce le relazioni con gli altri, migliorando la nostra qualità di vita.

Piuttosto che costruire una cultura condivisa, volta a vedere il disabile come persona, con sentimenti, pulsioni e desideri sessuali, forse per mancanza di strumenti idonei per affrontarla, o semplicemente a causa dell’assenza di un’adeguata educazione alla sessualità, si preferisce ignorare questa realtà.

Filippo Maria Nimbi, Dottore e Assegnista di Ricerca, Docente, Psicologo e Psicosessuologo PhD, PostDoc, Lecturer, Psychologist (PsyD), and Psycho-Sexologist (ECPS), definisce questa dimensione come connubio tra emozioni, che appartengono indistintamente a tutti.

Il dottor Filippo Maria Nimbi ospire di “Sex” – programma di informazione Rai

Spetta infatti alla ricerca che, in questi ultimi anni ha raggiunto risultati importanti a riguardo,

il compito di “esplorare” le diverse forme di disabilità per stabilirne l’impatto sull’esperienza sessuale, offrendo adeguate risposte affinché le persone possano incrementare la propria soddisfazione ed il proprio benessere.

“La sessualità è un potenziale rischio, che aumenta quando ad esserne coinvolti sono soggetti con fragilità” – afferma Nimbi -.

“Troppo spesso si percepisce la persona con disabilità come vulnerabile, ossia come chi deve essere guidato nella sessualità da un partner “abile”, ma è proprio dietro questa disparità di potere che può celarsi lo spettro della violenza psicologica e fisica.

Un contesto questo, strettamente connesso al concetto di consapevolezza della sessualità e della cosiddetta “cultura del consenso”.

La disabilità ha diverse sfumature, con difficoltà altrettanto differenti che limitano alcune espressioni sessuali di un individuo, valorizzandone altre.

La “differenza più evidente per ciascuna di esse, è dovuta alla varietà di strumenti a nostra disposizione, oltre che nella modalità con cui la sessualità ha seguito l’evoluzione del nostro corpo” – prosegue-.

“La sfida più grande, per chi ha un deficit cognitivo è legata ad un “giudizio di valutazione della consapevolezza di ciò che si sta vivendo in un preciso istante ed all’essere capaci di relazionarsi con la stessa sessualità” – evidenzia ancora il professor Nimbi -.

La disabilità congenita è uno status con il quale l’individuo convive sin dalla prima infanzia, che ha la sola difficoltà di trovare la giusta modalità di vivere la propria vita sessuale in maniera egualmente piena e soddisfacente.

Prospettiva che cambia sensibilmente qualora l’acquisizione di una disabilità sopraggiunge in età adulta, circostanza che presuppone un adeguamento della persona alla nuova realtà in cui si trova I disturbi dello spettro autistico – spiega Nimbi- “sono invece talmente tanti da non poter stabilire con esattezza come la sessualità si declini in ciascuna di queste diverse sfumature”.

“Il piacere può essere espresso in infiniti modi, dal benessere psicologico che si prova nello stare accanto all’altra persona, alle varie pratiche sessuali, essendo altresi innumerevoli le modalità con cui manifestare la propria sessualità, il cui unico limite sta nella nostra fantasia”.

Vi sono tratti sostanziali che distinguono la sessualità tra i due sessi.

Se infatti per la donna è difficile “esprimere la propria sessualità al di fuori di una relazione sentimentale”, l’uomo, è invece perfettamente in grado di scindere tra sesso e amore, essendo per questi più che altro un bisogno.

“L’essere in grado di soddisfare l’altro partner, è una prerogativa notoriamente tutta maschile, anche se recentemente questa tendenza sta interessando anche la parte femminile” – afferma -.

Riguardo ai lovegiver, assistenti sessuali, figure professionali non ancora legalmente riconosciuti nel nostro Paese, il professor Nimbi dichiara di essere favorevole, “soprattutto se alla base c’è una preparazione formativa volta a dare un adeguato supporto alla persona, favorendone l’acquisizione di una maggiore libertà e autonomia sessuale”.

La scarsa rappresentazione, anche figurativa, della vita sentimentale delle persone con disabilità, associata al concetto del “prendersi cura“, dà origine a tutta una serie di tabù collegati al sesso, stereotipi catalogati tra le situazioni pericolose da schivare.

Un’educazione affettiva e sessuale realmente valida, presuppone necessariamente il coinvolgimento, oltre che delle persone con disabilità, anche delle loro famiglie e delle istituzioni, sinergia che consente di individuare strategie condivise che migliorino la propria condizione di vita.

“Presupposto imprescindibile nella relazione con l’altro sesso è conoscere il proprio corpo, un percorso costellato da numerose insidie, che non devono però far desistere dalla sua realizzazione”.

Un messaggio di speranza quello del dottor Nimbi, che ci ha fatto entrare in una realtà ancora poco esplorata, che aspetta di emergere dagli abissi della nostra indifferenza.

Mirella Madeo

Giornalista pubblicista ed Avvocato, disabile. Ho 50 anni e vivo a Ravenna.

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