Lo spettro di una nuova guerra civile minaccia la Somalia

La situazione politica precaria di Mogadiscio, capitale somala, nei giorni scorsi, ha dato origine a violenti scontri tra i civili e le forze dell’ordine.


Gli scontri si sono acuiti quando il parlamento somalo ha approvato una legge che proroga di due anni il mandato presidenziale, scaduto in febbraio.

La mancata organizzazione di elezioni immediate e l’annunciata probabilità di un ritorno alle urne a scrutinio universale nel 2023, non solo è stata duramente condannata dall’Unione africana, quanto ha creato una spaccatura profonda e trasversale all’interno del Paese, presagio di un ritorno ad uno scenario di guerra civile, simile a quella degli anni novanta.


La capitale somala è stata letteralmente presa d’assedio dalle milizie del posto che ne hanno bloccato le principali vie d’accesso, lanciando ordigni, anche di manifattura rudimentale, seminando panico e disperazione tra la gente, esortata, porta a porta, nel buio della notte, ad abbandonare le proprie abitazioni.


Scene drammatiche di donne e bambini, costretti a radunare frettolosamente pochi indumenti da portare con sé e fuggire con il cuore in gola, rincorrendo il miraggio di un rifugio sicuro.

Una crisi frutto della diversità di vedute sul futuro politico del Paese, tra il presidente Farmajo, sostenitore di un disegno centralista, e presidenti e governatori degli Stati federali, convinti sostenitori di un disegno federalista o confederale.

L’Unione Europea ed il Regno Unito, non hanno nascosto la loro profonda apprensione per la situazione in continua evoluzione, preoccupazione che era già stata peraltro espressa in un comunicato, venerdì scorso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

A fine marzo, l’Onu aveva invitato le autorità somale a trovare una soluzione diplomatica per superare lo stallo inerente al processo elettorale.


Lo status in cui si trova oggi la Somalia si inserisce in un contesto di particolare fragilità che interessa tutta la regione del Corno d’Africa, visto che anche l’Etiopia, al confine con la Somalia, uno dei Paesi che potrebbe esercitare anche una forte influenza politica per provare a stabilizzare il fronte somalo, si trova attualmente a gestire il conflitto del Tigray e l’emergente conflitto nella regione dell’Amara.


L’instabilità istituzionale in cui versa la Somalia è un ottimo “assist” per una sempre più crescente presa di potere anarchico esercitato da al Shabaab, al momento, unico attore politico, in grado di ristabilire lo status quo nel territorio, provato anche dall’emergenza sanitaria che mette ulteriormente a dura prova l’intera regione.

Mirella Madeo

Giornalista pubblicista ed Avvocato, disabile. Ho 50 anni e vivo a Ravenna.

Ultimi articoli