Lettini irraggiungibili, ecografie e visite ginecologiche impossibili da effettuare, strutture sanitarie non accessibili, senza tralasciare poi gli stessi medici che molto spesso scoraggiano il naturale desiderio di maternità delle donne con disabilità, etichettandolo piuttosto come gravidanza a rischio.
Alla vigilia della festa della mamma ed a ridosso della Race for the cure, evento podistico per la lotta del tumore al seno, nella sala stampa di Montecitorio, ha avuto luogo, nei giorni scorsi, la presentazione di una Proposta di legge, che ha come prima firmataria l’onorevole Chiara Gribaudo, Vicepresidente del PD e della XI Commissione Lavoro e di Marco Furfaro, Responsabile PD iniziative politiche, in prima linea nel contrasto alle disuguaglianze e del welfare a sostegno della maternità delle donne con disabilità.
Un’iniziativa frutto di un confronto costruttivo tra le istituzioni ed il mondo dell’associazionismo, nata dalla collaborazione con l’associazione DisabilmenteMamme, in rappresentanza della quale erano presenti Antonella Tarantino e Laura Coccia, Presidente e portavoce della stessa, la cui missione è quella di offrire tutela, fornendo informazioni utili a chi ha una disabilità e desideri diventare mamma.
Un tassello fondamentale, purtroppo mancante, quello della genitorialità, a cui spesso si associa la scarsa accessibilità delle strutture sanitarie preposte alla prevenzione ed alla cura della donna con disabilità, lasciata sola anche nel percorso successivo al parto.
Si tratta di un testo di spessore, composto da dieci articoli, contenente misure volte a predisporre strumenti idonei per rendere possibile a chi voglia farlo, di essere madre, con la previsione, altresi, di risoluzioni dirette a migliorare l’accesso a consultori ed a luoghi dedicati al benessere ed alla salute delle donne, per rendere fruibili, anche dal punto di vista del personale poco formato, i centri anti – violenza, oltre che a combattere le discriminazioni, a tutt’oggi da queste subite in ambito lavorativo.
Durante la discussione in aula, è emersa anche la difficoltà del nostro Paese, legata alla raccolta dei dati sulla disabilità, un “censimento” invece già in atto in Europa, con diversi studi sul tema, indispensabile affinchè si possa intervenire sul punto in maniera più precisa ed incisiva.
La conferenza stampa si è aperta con le testimonianze della Tarantino e della Coccia, le quali si sono messe in gioco ponendo sul tavolo dei lavori, la loro esperienza personale, ricordando la solitudine e lo sconforto di quando si sono scontrate con la propria gravidanza, completamente sole, abbandonate a loro stesse, in balia del nulla e nella più totale assenza di strutture accessibili o di sportelli informativi dedicati.
Era sola Antonella, anche quando dopo il parto, si è vista letteralmente piombare in stanza, l’assistente sociale, allertata dall’ospedale presso il quale era ricoverata.
Sola, come tante altre donne con disabilità come lei, anche Laura, nel dover fronteggiare la curiosità di chi, osservandone il pancione, le chiedeva stupita, come avesse fatto a rimanere incinta.
Sole, quando con il loro fagottino tra le braccia, si sentivano smarrite, senza nessun supporto che potesse dare sollievo rispetto al carico fisico a cui, inevitabilmente, un bambino in tenera età sottopone.
Nel corso dell’incontro è stata altresi sottolineata l’importanza per una donna, di sentirsi accolta e supportata, nei primi mesi di gravidanza ed accompagnata lungo tutto il periodo della gestazione.
Laura Miola, dottoressa in comunicazione digitale ed influencer, con una malattia genetica rara che ne compromette la mobilità di tutti e quattro gli arti, mamma di due bambini, ha evidenziato come le difficoltà insite in una gravidanza, in special modo quando la gestante è una persona con disabilità, non sia sinonimo di impossibilità, come invece si è portati a pensare, ponendo l’accento sull’importanza della divulgazione e su quella dei sostegni che, qualora vi fossero, costituirebbero un valido supporto per la loro maternità.
“Ciascuno di noi ha il diritto di poter realizzare il suo progetto di vita personale, è questo il principio che ha ispirato la proposta di legge in questione, nonché secondo l’onorevole Marco Furfaro, l’assunto principale da cui partire.
Laddove questo diritto venga negato o non possa essere esercitato, vi è una palese discriminazione dello stesso.
La nuova proposta di legge è, dunque, un provvedimento che sopperisce ad una mancanza sul piano della tutela alla genitorialità che dovrebbe essere garantita a tutte le donne.
Una battaglia di giustizia sociale – continua Furfaro – di cui chiederemo di sottoscrivere il testo sia alla maggioranza che alle forze d’opposizione.
Abbiamo già ottenuto l’adesione di Maria Elena Boschi e siamo perciò fiduciosi di poter raggiungere una condivisione trasversale”.
“È una proposta di legge la nostra, multicomprensiva che va nella direzione dei percorsi istituzionali sui territori e nel definire importanti incentivi per l’assunzione, per quel che concerne l’ambito lavorativo.
Una questione di principio e di uguaglianza costituzionale, poco onerosa, che speriamo venga a compimento in tempi brevi”.
In conclusione dei lavori, si è puntato l’accento sulla scarsa accessibilità di consultori e reparti di ostetricia e ginecologia, non soltanto in riferimento alla maternità, ma anche dal punto di vista di prevenzione e di salute, perché anche le donne con disabilità devono averne diritto.
“Non poter accedere liberamente a tali servizi, a causa di barriere architettoniche o culturali – ha sostenuto la Coccia – equivale alla negazione di un diritto, che scoraggia le donne, sino a farle rinunciare a prendersi cura della propria persona”.
“Noi siamo le protagoniste della nostra vita, non date retta a chi vi dice che noi disabili dobbiamo sempre giocare di sponda, – lancia questo messaggio alle generazioni future – se abbiamo il sogno di diventare mamme, possiamo farlo”.
Il tema della maternità, la non accessibilità di ambulatori e di reparti ospedalieri per la prevenzione e la salute delle donne con disabilità, sono ambiti per troppo tempo trascurati, temi che meritano di essere approfonditi, in una relazione di ascolto e di confronto costante tra le istituzioni e le persone che vivono sulla loro pelle determinate situazioni.
Un discorso a parte andrebbe invece fatto per quel che concerne la violenza che queste sono spesso costrette a subire, a volte anche all’interno del proprio nucleo familiare, come evidenziato dalla Tarantino, una casistica numerosa dal punto di vista dell’osservatorio associativo dalla stessa presieduto.
Donne che non sanno a chi rivolgersi per farsi aiutare a porre fine a quel disagio.
Non ci sono strumenti né operatori qualificati o interpreti LIS, in grado, ad esempio, di accogliere la richiesta di aiuto di chi è sordo, una difficoltà che si aggiunge alla sofferenza di chi è vittima di violenza, dando origine, ancora una volta, ad una doppia discriminazione della stessa.