L’attenzione delle autorità competenti è stata focalizzata, sino alla data odierna, a disporre misure restrittive per contenere il diffondersi del COVID-19.
Gran parte degli esercizi commerciali sono stati chiusi, gli uffici pubblici essenziali ricevono esclusivamente su appuntamento, i parchi e le località marine sono state dichiarate off limits, le chiese hanno interrotto ogni tipo di celebrazione religiosa, scuole ed università sono state chiuse, è stato vietato praticare attività fisica ed è stata disposta la riduzione delle corse dei mezzi pubblici.
Un Paese presidiato dalle forze dell’ordine che verificano la corretta osservanza delle disposizioni del provvedimento governativo.
Si è pensato a chiudere ogni attività che implicasse assembramenti, limitando persino la possibilità a coloro che posseggono un cane da portare fuori, di poterlo fare da soli ed esclusivamente nelle vicinanze della propria abitazione, senza considerare la possibilità di sospendere, prima d’oggi, il lavoro degli operai nelle nostre fabbricbe che, con grande senso di responsabilità in considerazione della criticità che il nostro Paese sta attraversando, hanno continuato a lavorare, spesso in condizioni di sicurezza inadeguate, mettendo a rischio la propria salute e quella dei loro familiari.
Per evitare il contagio del COVID-19 tra i dipendenti, in febbrile attesa che giungesse presto una disposizione dal nostro esecutivo che ne disponesse normativemente la chiusura, nei giorni scorsi, in gran parte degli stabilimenti di numerose aziende è stata effettuata la sanificazione.
Soltanto il 12 marzo, a seguito della trattativa delle RSU e dei lavoratori di una nota ditta che ha diverse sedi nella nostra regione, è stato chiesto alla dirigenza l’adozione di misure di sicurezza minime quali mascherine e guanti, con la predisposta la distribuzione di pasti monouso in mensa.
Nonostante l’incontrollato diffondersi della pandemia, malgrado l’azienda si sia messa a norma in ottemperanza di quanto disposto dal DPCM, non sono state tuttavia riscontrate le condizioni minime necessarie per poter lavorare in serenità.
Dello stesso tenore la mobilitazione di altri dipendenti, in regione, che hanno proclamato assieme alla FIOM CGIL E UILM UIL, UNITAMENTE ALLA RSU DI STEBILIMENTO, OTTO ORE DI SCIOPERO PER CHIEDERE ALL’AZIENDA, PRESSO LA QUALE PRESTANO SERVIZIO, FERMATE PRODUTTIVE E RIDUZIONI DI ORARIO, CON UTILIZZO DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI, MISURE VOLTE A DIMINUIRE LA PRESENZA DEI DEI LAVORATORI IN AZIENDA COME MISURA MINIMA DI PREVENZIONE AL CORONAVIRUS.
Dopo due giorni di protesta, l’accordo con la previsione di una riduzione dell’orario lavorativo, con una turnazione che avrebbe dovuto essere frazionata in sei ore ed entrate sfalsate per evitare che i lavoratori potessero incrociarsi creando assembramenti.
Tra le misure previste anche la sanificazione, l’incremento delle pulizie ordinarie, la possibilità di usufruire del buono pasto invece che recarsi in mensa, che avrebbe dovuto comunque rimanere aperta nel rispetto della distanza di sicurezza prevista ed il potenziamento dello smartworking”.
“In Marcegaglia, dopo lo sciopero dei giorni scorsi, come affermato dai sindacati di categoria promotori della mobilitazione, c’è stata la chiusura completa dell’azienda per consentire la sanificazione generale dei locali, essendo stato inoltre previsto un incontro con la Rsu volto ad analizzare ulteriori misure da implementare.
Anche qui il sindacato ha chiesto di diminuire e diluire la presenza dei lavoratori in fabbrica quanto più possibile.
Oltre alle realtà più grandi del territorio, in questi giorni, numerosi sono stati gli accordi raggiunti nella medesima direzione dalle organizzazioni sindacali e dai delegati sindacali, cui va tutta la gratitudine ed il merito di aver provato a tutelare le condizioni di salute e di lavoro dei loro colleghi”.
Finalmente oggi, in seguito agli appelli dei governatori di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, le regioni più colpite dalla pandemia, a fronte dei bollettini nefasti della Protezione civile, Giuseppe Conte ed il suo esecutivo, cedendo alle pressioni ricevute dal mondo aziendale, ha disposto mediante decreto, con entrata in vigore da oggi lunedì 23 marzo, la sospensione delle attività produttive non essenziali, per tutelare la salute di migliaia di operai del nostro Paese,.
Una legittimazione per i titolari d’azienda che, in assenza di un atto ufficiale, si sono, sino ad oggi, astenuti dall’assumersi la responsabilità individuale di un’azione arbitraria, mettendo in serio e concreto pericolo la salute della propria manovalanza, ad interrompere la loro produzione.
Nel nuovo DPCM sono state predisposte anche misure a sostegno di imprese e lavoratori.
Le novità introdotte dal predetto provvedimento riguardano principalmente le attività produttive industriali e commerciali all’ingrosso, norme che saranno valide sino a venerdì 3 aprile (le imprese le cui attività sono sospese per effetto del decreto potranno completare le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo, compresa la spedizione della merce in giacenza).
Le misure contenute in quest’ultimo decreto si sommano a quelle (riferite soprattutto alle attività professionali e al commercio al dettaglio) contenute nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri dell’11 marzo e nell’ordinanza da Roberto Speranza, ministro della Salute, del 20 marzo, la cui validità, inizialmente fissata al 25 marzo, è stata prorogata al 3 aprile.
È lungo l’elenco delle attività commerciali e soprattutto industriali che rimangono ancora aperte.
Per i sindacati fin troppo lungo: infatti minacciano lo sciopero generale, per tutelare la sicurezza dei lavoratori, accusando il Governo di aver subito le pressioni di Confindustria.