Conoscere il proprio corpo per avere consapevolezza della nostra identità sessuale

Il dottor Stefano Eleuteri, spiega l’importanza di conoscere il proprio corpo per avere una reale consapevolezza dell’identità sessuale di ciascuno di noi.

L’identità sessuale di un individuo è la conoscenza imprescindibile della sua essenza, indispensabile soprattutto quando i soggetti coinvolti in una relazione sentimentale sono persone che hanno una disabilità.

Un argomento questo, insieme a quello del rischio e delle altre variabili che tracciano un confine labile tra l’avere rapporti consenzienti e la violenza sessuale, che vogliamo approfondire con il dottor Stefano Eleuteri, Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo e docente presso l’Ateneo universitario LUMSA di Roma.

Dottor Stefano Eleuteri

Professor Eleuteri, la sessualità, con particolare riferimento alle persone con disabilità è ancora un tabù?

“In ambito di disabilità, parlare di sessualità rappresenta ancora oggi una sfida ardua, che mette a dura prova ogni individuo coinvolto nella relazione.

Nessuno di questi può però astenersi dall’affrontare tale tema, in quanto la sfera sessuale riveste un ruolo alquanto fondamentale nei riguardi del benessere della persona stessa.

Per molti, parlare di sessualità, rappresenta ancora un tabù.

Se da un versante le relazioni umane appaiono maggiormente “libere”, dall’altro si ha come l’impressione che si incontri una certa difficoltà a vivere la sessualità come rapporto pieno di affettività.

Il rapporto che intercorre tra sessualità e disabilità rappresenta un tema che se affrontato esclusivamente sotto un punto di vista medico, si rivela alquanto riduttivo, dato che il focus attentivo non viene posto in tal caso sull’identità sessuale, che rappresenta un requisito fondamentale della persona”.

Cos’è l’identità sessuale?

L’identità sessuale designa la dimensione individuale e soggettiva del percepirsi sessuati, è frutto della complessa interazione tra vari aspetti bio-psico-socio-culturali, un costrutto multidimensionale costituito da alcune componenti principali quali: l’identità di genere, il sesso, il genere e l’orientamento sessuale.

Viene spesso descritta come una componente dell’identità di un soggetto che riflette il suo concetto di sé sessuale.

Questa può modificarsi nel corso della vita di un individuo e può allinearsi o meno al sesso biologico, all’orientamento reale o al comportamento sessualedi una persona.

In sintesi, essa rappresenta un cammino progressivo di costruzione del sé che necessita dell’approccio sessuale con l’altro.

Per le persone con disabilità tale ricerca risulta però spesso difficoltosa, colma di ostacoli sia oggettivi sia legati alla sfera sociale e culturale”.

Quale è l’interesse reale del nostro Paese sull’argomento che stiamo affrontando?

“Solo negli ultimi anni vediamo crescere in Italia un maggior interesse nei riguardi della “sessualità delle persone disabili”; tuttavia, già nel 1993 l’Associazione ONU approvò un documento all’interno del quale veniva riconosciuto il diritto a tutti i portatori di handicap di esprimere la propria sessualità.

Tale concetto verrà poi ribadito in maniera più chiara nella Dichiarazione dei Diritti sessuali della WHO nel 2006, all’interno della quale si andrà a ribadire che è diritto di tutti gli esseri umani, liberi da coercizione, discriminazione e violenza.

La prescrizione 9.2 delle Regole standard delle Nazioni Unite sull’equalizzazione delle persone con disabilità sostiene che le persone disabili hanno il diritto di “… sperimentare la sessualità, avere rapporti sessuali … informazioni in forma accessibile sul funzionamento sessuale dei loro corpi”. (Nazioni Unite, 1993: 9.2).


I giovani disabili sono esseri sessuati e meritano uguali diritti e opportunità per avere il controllo, le scelte e l’accesso alla loro sessualità, espressione sessuale e relazioni appaganti per tutta la vita.


Questo è fondamentale per la loro salute e il loro benessere complessivo, ma la società di oggi plasma il modo in cui la sessualità delle persone disabili viene costruita.


La convinzione diffusa che le persone disabili siano asessuate crea barriere alla cittadinanza sessuale per i giovani disabili, facendo sì che questi abbiano livelli inferiori di conoscenza e un’educazione sessuale inadeguata rispetto ai loro coetanei non disabili.


Di conseguenza, sono più vulnerabili alle cattive pratiche sessuali e più a rischio di contrarre malattie o gravidanze indesiderate.


L’accesso ad una buona educazione sessuale e relazionale è, quindi, non solo importante per conoscere i loro diritti, l’identità e l’espressione sessuale, ma anche per garantire la loro sicurezza.


In tal modo, contribuirà all’emancipazione e al riconoscimento sociale delle persone disabili come esseri sessuali, e le aiuterà anche a resistere e denunciare la violenza fisica.


Pertanto, è fondamentale fare un lavoro articolato seguendo un approccio integrato, in modo che i genitori, gli educatori e gli operatori sanitari e sociali siano consapevoli, dotati di conoscenze per educare formalmente i giovani disabili sulla sessualità e il benessere alla pari dei loro coetanei non disabili (Shah, 2017).


Le persone con disabilità dovrebbero essere protette dalla violenza, dallo sfruttamento e dagli abusi dai trattamenti inumani e degradanti e dalle punizioni.


Tuttavia, i risultati concreti nazionali e internazionali indicano che i bambini disabili corrono un rischio maggiore rispetto ai bambini non disabili (Sullivan e Knutson, 2000; Jones, 2013), senza dimenticare che in alcuni casi il tipo di violenza subita può collegarsi ad un tipo di menomazione e può essere perpetrata da persone e derivare da pratiche istituzionali che fanno parte della quotidianità dei bambini disabili. (Shah et al., 2016a,b)”.


Cosa si intende per consenso sessuale?


“Il concetto di consenso è un elemento centrale per distinguere ciò che è violenza da ciò che non lo è in ambito sessuale”.


Cosa cambia sul fronte del consenso nei casi nei quali una o entrambe le persone coinvolte nell’atto sessuale abbiano una disabilità?


“Dipende dal tipo di disabilità, ma anche da altri elementi.


Ad esempio, se si parla di disabilità di tipo fisico/motorio non cambierebbe molto rispetto alle persone non disabili, in quanto, questo tipo di menomazione non impedisce un’espressione verbale.


Non cambia molto neanche per le persone non vedenti, salvo il fatto che per dare un consenso, esse dovrebbero fornire informazioni sul contesto ambientale in cui si trovano in quel momento.


Viceversa, per i non udenti la situazione è più complessa, in quanto la sordità influisce sulle modalità di comunicazione ed in questo caso, è necessario utilizzare una forma di comunicazione scritta.


Ancor più delicata è la situazione delle persone con disabilità intellettiva, relazionale o psichiatrica, perché se è sempre vero che persone diverse, in questi tipi di disabilità la varianza delle situazioni è particolarmente elevata.

Una persona con disabilità intellettiva lieve potrebbe benissimo essere in grado di decidere se un’attenzione sessuale le è gradita oppure no, e comunicarlo.

La tematica del consenso, nell’acconsentire o meno ad un atto sessuale, evidenzia come le persone con disabilità intellettiva, così come quelle con demenza o disabilità mentali, risultino essere più vulnerabili agli abusi sessuali e potrebbero pertanto non essere in grado di prestare un valido consenso alle cure mediche.

Le loro scelte riproduttive possono essere limitate da molteplici fattori, quali: esigenze di sostegno, pressioni sociali o sterilizzazione in giovane età.

È opportuno impartire perciò un’educazione che fornisca loro gli strumenti necessari per resistere agli abusi ed un’attività di advocacy, ossia di difesa, che gli garantisca un ambiente sicuro in cui vivere.

Necessitano di sostegno e di educazione per le scelte riproduttive e per le decisioni in materia di assistenza sanitaria.

Sebbene i dati disponibili, per quanto limitati, mostrino chiaramente come le donne con disabilità siano più vulnerabili alla violenza, rispetto alle altre donne, esse continuano a lottare contro l’inadeguatezza e la mancanza di accesso ai servizi antiviolenza, che mancano di strumenti di accoglienza sufficientemente validi.

Riguardo all’aspetto del consenso ad un atto sessuale, può essere importante capire se la persona in questione abbia o meno ricevuto un’educazione sessuale per esprimere la sessualità in modo consapevole e responsabile (prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili e scelte di genitorialità), ma anche per rifiutare atteggiamenti/atti sessuali sgraditi, ed eventualmente chiedere aiuto a persone fidate, e denunciare una violenza.

Purtroppo, le persone con questo tipo di disabilità non ricevono nessuna educazione all’affettività e alla sessualità, con tutto ciò che ne può conseguire”.

Mi chiarisce cos’è l’educazione affettiva?

“Va sottolineato che l’educazione affettiva e sessuale non deve essere solo un momento formativo per imparare a vivere consapevolmente e serenamente le relazioni intime, ma anche l’occasione più appropriata per parlare di violenza e fornire loro uno strumento di difesa.

È importante sottolineare che, nella casistica in cui le condizioni dell’interessato, impediscano una comunicazione che si eguagli a quella comunemente impiegata dagli altri, alla persona in questione deve essere concesso di esprimersi nel modo più consono.

Nei casi in cui non abbiano la capacità di esprimere un consenso informato, è necessario un sostituto decisionale.

Il consenso libero e informato è uno dei concetti chiave in medicina ed è ben riconosciuto anche in ambito giuridico, perché legato ai diritti umani.

Si tratta di un principio stabilito a tutela del soggetto, con l’obiettivo di riequilibrare il rapporto di potere tra medico e paziente ed evitare abusi di quest’ultimo, in quanto viene valorizzato il diritto del paziente a compiere scelte consapevoli sulla sua persona.

In base a ciò, le informazioni fornite al paziente sono un prerequisito necessario per compiere una scelta cosciente.

La peculiare natura di tali trattamenti e il fatto che devono essere rispettati la dignità ed i diritti civili e politici delle persone curate, evidenzia come, l’assiduo utilizzo di tali “misure di contenimento”, in modalità non conformi ai protocolli di tutela della persona, può essere considerato anticostituzionale.

Non è insolito, almeno fino a poco tempo fa, vedere come il tutore, il curatore o l’amministratore di sostegno si sostituissero all’assistito, ottenendo il permesso giudiziale, per intraprendere decisioni sul soggetto, ritenuto incapace.

Questa possibilità si verifica in particolare nell’area dell’autodeterminazione sessuale ed affettiva e colpisce principalmente le donne con disabilità, che sono state sterilizzate senza il loro consenso ed a cui è stato negato il diritto di sposarsi e di creare una famiglia.

Ciò è dovuto a radicati pregiudizi relativi ad una presupposta incapacità insormontabile.

Da qui la necessità di permettere alle persone con disabilità di esercitare la propria autodeterminazione nell’attuare le proprie scelte di vita, soprattutto nelle decisioni relative al campo della salute, poiché, tali scelte rappresentano aspetti rilevanti della vita della persona chevanno compiute in completa libertà e consapevolezza”.

Quali sono esattamente i rischi dovuti all’assenza o all’erronea consapevolezza di cui parla?

“In merito al binomio sessualità-disabilità possiamo annoverare la presenza di svariati rischi, quali:
• elevato rischio di inattività sessuale e di insoddisfazione sessuale, più alto quando presente disabilità siafisica che mentale (Mamali et al., 2020);
• maggiori probabilità di essere single, maggiori difficoltà nel creare e mantenere relazionistabili (Basson et al., 2018; Mamali et al.,2020; Kreuter et al., 2008; Wiegerink et al., 2010);
• genere maschile, età avanzata e assenza di partner favoriscono l’insoddisfazione e l’inattività sessuale (Mamali et al., 2020);
• chi ha disabilità congenite o acquisite da giovane mostra più elevati livelli di soddisfazione sessuale rispetto a chi le ha sviluppate in età più avanzata (Taleporos et al., 2003; Valtonen et al., 2005; Westgren et al., 1997)
• avere un partner stabile predice livelli più elevati di attività e di soddisfazione sessuale (Kedde et al., 2006; Otero-Villaverde et al., 2015; Taleporos et al., 2003; Valtonen et al., 2006);
• maggiori livelli di severità della disabilità fisica e/o mentale predicono minor coinvolgimento in attività sessuali (Mamali et al.,2020; Taleporos et al., 2003).

Gli individui con disabilità sono soggetti spesso “ad etichettamento ed a stereotipi” che vengono loro assegnati dall’ambiente sociale, in base al genere di disabilità, possiamo notare che:
i soggetti con DISABILITA’ COGNITIVA, vengono spesso esclusi dalla soddisfazione di bisogni sessuali perché visti come:

  1. Eterni bambini/innocenti (Bonder et al., 2021; Cambridge, 1996; Murphy, 2007);
  2. Incontrollati, promiscui, con eccessivi istinti sessuali (Murphy, 2007).
    I soggetti con DISABILITÀ FISICA/SENSORIALE, non in grado di avere un rapporto:
    ● frequente attività sessuale, sebbene inferiore che nella popolazione priva di disabilità (Mamali et al., 2020).

Inoltre, alcune ricerche mostrano come il coinvolgimento sessuale dei giovani sotto i vent’anni sia uguale ed a volte maggiore dei coetanei senza disabilità (Horner-Johnson et al., 2021).

Il periodo dell’adolescenza è particolarmente importante, poiché i comportamenti a rischio per la salute vengono stabiliti durante la giovinezza, si estendono fino all’età adulta.


Parlando di educazione alla sessualità, uno studio a Città del Capo ha riferito che i giovani con disabilità fisiche avevano una conoscenza fattuale limitata della sessualità e dell’HIV/AIDS in parte perché i genitori di adolescenti disabili consideravano i loro figli come esseri asessuati che non avevano bisogno di educazione sessuale.


Altri studi suggeriscono che il la maggior parte degli adolescenti con disabilità fisiche non ricevono informazioni vitali su argomenti come matrimonio, genitorialità, contraccezione, IST e abuso sessuale.

Peraltro, il contenuto e l’importanza dell’educazione alla promozione della salute è spesso non appropriato e non affronta gli specifici bisogni informativi delle persone con disabilità.


Inoltre, le informazioni per raggiungere cliniche per la sessualità possono essere poco comprensibili per gli adolescenti con disabilità psichica mentre la distanza per raggiungere le cliniche può essere un ostacolo soprattutto per le persone con disabilità fisica.


Almeno un quarto degli adolescenti con disabilità coinvolti in questo studio, hanno dichiarato di essere sessualmente attivi.


Sebbene inferiore alla media nazionale per gli adolescenti in questi gradi, la percezione che gli individui con disabilità siano sessualmente inattivi e quindi non a rischio di infezione da HIV è chiaramente errata.


Inoltre, diversi intervistati erano coinvolti in rapporti sessuali ad alto rischio, comportamenti come l’inizio precoce dell’attività sessuale, più partner, rapporti non protetti e l’abuso di sostanze.


Questo, insieme al gran numero di chi riteneva di non essere a rischio di infezione da HIV e che non si sentiva in grado di proteggere sé stessi, indica che gli adolescenti disabili sono ugualmente o addirittura maggiormente a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili che loro coetanei non disabili, una conclusione simile a quella raggiunta da Groce (2004).


Questa scoperta è confermata da questo studio e gli intervistati che hanno segnalato l’insorgenza precoce di attività hanno registrato anche un maggior numero di partner”.


Termina qui il nostro incontro con il dottor Stefano Eleuteri, che ringrazio per la sua disponibilità a questo colloquio pieno di spunti interessanti per riflessioni future.


Fonti:
http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_internaz/a_conf_mondiali_onu/a_conf_vienna_dir_umani/b_progr_az_vienna.pdf
https://worldsexualhealth.net/wp-content/uploads/2013/08/WAS-Italian-version.pdf
Basson, R. (2018). Women’s sexual dysfunction associated with psychiatric disorders and theirn treatment. Women’s Health, 14.
Bonder, R., Wincentak, J., Gan, C., Kingsnorth, S., Provvidenza, C. F., & McPherson, A. C. (2021). They Assume That You’re Not Having Sex”: A Qualitative Exploration of How Paediatric Healthcare Providers Can Have Positive Sexuality-Related Conversations with Youth with Disabilities. Sexuality and Disability, 579–594.
Cambridge, P. (1996). The sexual health needs of people with learning disabilities. SEXUAL HEALTH FOCUS, 48-49.
Groce et al (2004). Adolescents and youth with disability: issues and challenges. Disability Rehabilitation Journal, 15 (2) pp. 13
Horner-Johnson, W., Senders, A., Higgins Tejera, C., & McGee, M. G. (2021). Sexual Health Experiences Among High School Students With Disabilities. Institute on Development & Disability.
Jones, C. Paying for sex; the many obstacles in the way of men with learning disabilities using prostitutes. (2013). British Journal of Learning Disabilities.
Kedde, H., Berlo, W. V. (2006, Marzo 22). Sexual Satisfaction and Sexual Self Images of People with Physical Disabilities in the Netherlands. Sexuality and Disability.
Kreuter, M., Hawkins, R. P., Resnicow, K., Fishbein, M., Dijkstra, A. (2008). Understanding tailoring in communicating about health. Health Educ Res, p. 454-66.
Mamali, F. C., Chapman, M., Lehane, C. M., Dammeyer, J. (2020,). A National Survey on Intimate Relationships, Sexual Activity, and Sexual Satisfaction Among Adults with Physical and Mental Disabilities. Psychology, Medicine.
Murphy, N. M., & Paul C, Y. M. (2007). Sexuality in children and adolescents with disabilities. Developmental medicine and child neurology, 640.644.
Otero-Villaverde, S., & ME Ferreiro-Velasco, A. M.-M.-P.-S. (2015). SEXUAL SATISFACTION IN WOMEN WITH SPINAL CORD INJURIES. spinal cord, 1-4.
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016a). Hidden voices: disabled women’s
experiences of violence and support over the life course. Violence Against
Wom en 22, 1189–1210. doi:10.1177/1077801215622577
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016b). I can’t forget’: experiences of violence
and disclosure in the childhoods of disabled women. Childhood 23, 521–536
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016a). Hidden voices: disabled women’s
experiences of violence and support over the life course. Violence Against
Wom en 22, 1189–1210. doi:10.1177/1077801215622577
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016b). I can’t forget’: experiences of violence
and disclosure in the childhoods of disabled women. Childhood 23, 521–536
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016a). Hidden voices: disabled women’s experiences of violence and support over the life course. Violence Against Women 22, 1189–1210.
Shah, S., Tsitsou, L., and Woodin, S. (2016b). I can’t forget’: experiences of violence and disclosure in the childhoods of disabled women. Childhood 23, 521–536.
Shah S. (2017). Disabled People are sexual Citizens too: Supporting Sexual Identity, well being, and safety for disabled young people. Front. Educ., 04 September 2017
Sullivan PM, Knutson, JF (2000). Maltreatment and disabilities: a population-based epidemiological study, 2000). Child. Abuse Neglect. 24(10):1257-73.
Taleporos, G., & McCabe, M. (2003, Febbraio 1). Relationships, sexuality and adjustment among people with physical disability. sexual and relationship therapy.
Valtonen, K., & Ann-Katrin Karlsson, A. S.-G.-J. (2006). Satisfaction with sexual life among persons with traumatic spinal cord injury and meningomyelocele. Disabil Rehabil.
Westgren, N., Hultling, C., Levi, R., Seiger, A., & Westgren, M. (1997). Sexuality in women with traumatic spinal cord injury. AOGS.
Wiegerink, D. J., Henk J Stam, M. K.-K. (2012). Personal and environmental factors contributing to participation in romantic relationships and sexual activity of young adults with cerebral palsy. Disabil Rehabil, p. 1481-7.

Mirella Madeo

Giornalista pubblicista ed Avvocato, disabile. Ho 50 anni e vivo a Ravenna.

Ultimi articoli