“La maggiore età dei nostri figli non deve essere un traguardo, ma una nuova fase della loro vita. Mi sono battuta per anni per rivendicare i diritti di mia figlia e continuerò a lottare affinché lei, che rimarrà sempre la mia bambina, possa continuare a vivere a pieno la sua esistenza. “Quando ci dissero che Letizia aveva la Sma 1, ci è crollato il mondo addosso. Questa è la storia della mia bellissima principessa, che oggi ha diciannove anni. Una ragazza dolcissima, con un’immensa forza d’animo, molto più grande del suo destino”.
I bambini nati con la forma più severa di sma (tipo 1), hanno difficoltà a sedersi senza supporto e non riescono a mantenere il capo in posizione eretta.
In un passato non molto remoto, la soglia di sopravvivenza di questi bambini non superava i due anni di età.
Attualmente sono invece sempre di più i bimbi che, pur avendo una gravissima disabilità, se supportati da un’adeguata assistenza respiratoria, nutrizionale e da una corretta gestione della vita quotidiana, hanno una prospettiva di vita più lunga di quanto previsto dalla stessa letteratura scientifica sul punto.
Grazie allo screening neonatale, oggi i bimbi sma hanno invece una prerogativa in più rispetto a prima.
Un test genetico che ha cambiato per sempre la storia di questa patologia, in quanto con un semplice campione ematico, prelevato dal tallone del nascituro, è possibile diagnosticare la sma in fase pre sintomatica, ovvero prima che se ne manifestino i sintomi, consentendo un intervento farmacologico mirato che favorisce lo sviluppo di questi bambini al pari dei loro coetanei.
“Ci hanno dato la diagnosi, quando Letizia aveva appena tre mesi – continua il suo racconto con voce strozzata Mariangela-. Ci dissero che l’aspettativa di vita della bimba, era di dodici/ventiquattro mesi, ma c’è stato anche chi non le dava più di sei/dodici mesi di vita. Io e mio marito eravamo portatori sani della malattia ma non sapevamo di esserlo, visto che Letizia ha due fratelli maggiori, sani”.
“Quando mia figlia non poteva più essere aiutata a respirare tramite il “nasello dell’ossigeno “, il nostro medico ci prospettò due alternative: fare la tracheo oppure lasciare Letizia al suo destino, prima o poi sarebbe sopraggiunta un’infezione che ne avrebbe compromesso irrimediabilmente gli organi vitali…. “.
“Non ci pensammo neanche un secondo, la nostra bambina doveva avere la possibilità di vivere.
Da quel momento in poi, è stata una corsa senza sosta per farla vivere al massimo delle sue possibilità, ed è ancora così”.
“In seguito ai cinque mesi di rianimazione di Letizia, abbiamo seguito un percorso di formazione per imparare le “manovre “ adeguate e poterla aiutare al meglio e gestire le emergenze”.
“All’età di quattro anni – prosegue – l’abbiamo inserita alla materna, nella classe dei bambini di tre anni, poi alla scuola elementare e alle medie, sino ad oggi, che sta frequentando l’ultimo anno di liceo artistico qui a Ravenna”.
Tutto il materiale didattico viene trasformato in simboli, in quanto lei si esprime mediante la comunicazione aumentativa”.
Le è sempre piaciuta la scuola, non si è mai sottratta a svolgere attività, anche se queste comportavano per lei uno sforzo in più.
Letizia è una ragazza ospedalizzata a domicilio, seguita da un’educatrice che la aiuta, da casa, a stare al passo con le attività scolastiche.
Partecipa sempre con entusiasmo alle lezioni, con tanta voglia di apprendere, senza mai stancarsi.
Ha voglia di fare, di mettersi in gioco e di scoprire cose nuove, di continuare a mordere la vita, ha fame di imparare e di fare le stesse cose che fanno i suoi coetanei, cose che per lei però non sono così scontate come lo sono per gli altri.
I bambini sma hanno un’aspettativa di vita molto breve, la loro presa in carico da parte dei servizi socio assistenziali del territorio, si ferma al compimento della maggiore età, superata la quale, le famiglie vengono lasciate sole nella gestione dei propri cari.
Così come per il diritto all’istruzione, anche la riabilitazione motoria non viene più garantita con la medesima continuità di prima.
La nuova fisiatra, ha conosciuto Letizia solo a seguito di diversi solleciti della sua famiglia, a distanza di un anno dalla sua maggiore età.
Non si è ancora espressa in relazione al programma dei trattamenti che le verranno assicurati, anche se pare che ci sarà comunque un monitoraggio periodico dell’evolversi del suo quadro clinico motorio e non c’è alcuna certezza neppure sulla possibilità che la richiesta avanzata dai genitori, affinché la loro figlia possa essere monitorata almeno nei mesi invernali, venga accolta.
Per adattarsi, di volta in volta alle esigenze della loro bambina, i suoi familiari hanno infatti cambiato spesso abitazione e, solo qualche anno fa, si sono trasferiti in una casa con un ampio spazio esterno, per dare a Letizia anche la possibilità, di poter fare, nei mesi più caldi dell’anno, un po’ di movimento nella piscina del suo giardino.
Una ragazza, che fino al giorno prima del suo diciottesimo compleanno, è presa in carico, sotto tutti i punti di vista, da quello sanitario a quello scolastico, ai servizi sociali, si trova improvvisamente a non avere più diritto a nulla.
Non ci sono di fatto servizi destinati a persone di età adulta, per le quali avendo, come da statistiche, aspettative di vita molto basse, non si è mai ritenuto necessario predisporre misure di supporto che potessero andare oltre la maggiore età.
Letizia, come ci è stato confermato, non soltanto dalla neuropsichiatra che ce l’ha in cura dalla sua infanzia, ma anche dalla sua assistente sociale, se privata dell’educatrice e quindi di tutto ciò che riempie le sue giornate, rischia di chiudersi in sé stessa, con un’alta probabilità di regressione della patologia.
Privare Letizia della sua educatrice equivarrebbe perciò a chiederle di smettere di vivere.
Sebbene infatti Mariangela, faccia ogni giorno da infermiera, da dottoressa, da fisioterapista a sua figlia, indossando quotidianamente un camice, a volte, per lei troppo pesante da portare, non le è concesso però di farle anche da educatrice, in quanto è Letizia stessa a non volere che sia sua madre a ricoprire anche quel ruolo, facendole capire molto chiaramente che quello vuole rimanga uno spazio tutto suo, tanto da non permettere a nessuno, non solo a lei, di “disturbare” le ore di lezione con la sua insegnante.
“Dopo aver conosciuto Letizia – afferma la sua docente di sostegno – quest’anno scolastico ed essermi confrontata con l’educatrice e la famiglia ho iniziato a “lavorare” con lei, studiandoci e osservandoci reciprocamente, svolgendo lezioni a domicilio.
Vista la situazione molto delicata della ragazza, ho cercato di capire cosa le interessa, cosa le piace, sentendo il parere anche delle persone a lei più vicine.
È una ragazza molto curiosa, le piace sentire leggere dei testi, soprattutto se accompagnati da immagini, vedere video e fotografie di quadri e opere d’arte.
Dopo un po’ che si lavora con lei, si impara ad intuirne lo sguardo, sino a capire quando è “rapita” da una determinata attività, come quando si svolgono dei piccoli laboratori: collage, dipinti, lavori con la carta.
Con i suoi occhioni vispi segue ogni mio gesto, come a voler svolgere lei stessa tutte quelle attività insieme a me e se, nel corso della lezione, ci sono interruzioni, da parte della madre, dell’infermiera o della sua cagnolina, reagisce, in segno di disapprovazione, disturbata da quelle incursioni che le impediscono di arrivare al risultato finale.
La figura di un educatore, o comunque di una persona esterna alla famiglia, anche dopo la fine del percorso scolastico, in sintonia con le passioni di Letizia, a mio modesto parere, aiuterebbe moltissimo a tenere viva la curiosità e apportare serenità nella sua vita quotidiana” – conclude-.
Privarla di qualcosa che è per lei di vitale importanza, ha il sapore di una condanna ad una “non vita”, fatta di emarginazione e di abbandono, anche per i familiari di tutti coloro, la cui unica colpa è quella di continuare ad essere tra noi.
Le istituzioni territoriali locali sono già a conoscenza della questione, che presto arriverà sulla scrivania della Ministra per la Disabilità.
Auspicando che la situazione possa trovare presto una soluzione definitiva che consenta a Letizia, ed a chi vive la sua stessa realtà, di continuare a vivere una quotidianità serena.
AboutPeople vuol rassicurare la sua famiglia che tornerà ad occuparsi della vicenda, rendendo conto ai suoi lettori dei suoi sviluppi.
Fonte: https://www.famigliesma.org/screening-neonatale-2/