È un viaggio introspettivo quello che Claudio Pellizzeni, autore del romanzo “L’orizzonte ogni giorno un po più in là “, compie per ritrovare sé stesso e la parte più genuina della sua intimità.
“L’orizzonte ogni giorno un po’ più in là”, un romanzo coinvolgente che appassiona il lettore per l’autenticità della sua storia.
Una vita normale, quella di Claudio, che scorreva senza grossi scossoni, sino a quando, ad un certo punto, la direzione dei suoi binari, prende un altro verso, rompendo gli schemi di una routine per lui troppo stretta nella quale non c’era più spazio per la sua vera essenza.
Un giovane trentenne, con un lavoro in banca, una vita agiata, una relazione sentimentale come tante, il quale, riavvolgendo il nastro del proprio vissuto, si accorge improvvisamente che tutte le soddisfazioni ed i traguardi raggiunti nel corso degli anni, erano soltanto frutto di ciò che gli altri si aspettavano da lui e non invece quanto lui stesso avrebbe voluto davvero.
Il succedersi monotono del passare inesorabile dei giorni, soffoca la sua voglia di vivere.
Un’amara consapevolezza questa, che lo spinge a dare un taglio netto al suo passato.
Lascia il suo lavoro per inseguire la sua più grande passione, viaggiare.
Claudio viaggia, per superare i limiti della malattia dalla quale soffre da quando aveva nove anni, il diabete.
Esplora, senza prendere aerei, terre sconosciute, attraversando confini e culture diverse.
Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, paesaggi incontaminati che tolgono il respiro, lasciandosi sorprendere piacevolmente anche dagli imprevisti che un viaggio può riservare.
Ne assapora lentamente la bellezza, godendo dell’armonia rarefatta della natura per abbandonarsi tra le braccia della quiete del creato e, giorno dopo giorno, riscopre una nuova dimensione ed una nuova intimità, scoprendo la parte altro da sé.
Ma approfondiamo con l’autore di questo singolare ed emozionante racconto, alcuni aspetti che gli conferiscono una sorta di unicità.
Qual è stata la ragione determinante che ti ha portato a lasciare la stabilità di un lavoro di prestigio e la sicurezza di un alto tenore di vita, preferendoli ad un tipo di vita radicalmente diversa da quella condotta sino al momento della “svolta”?
“Non c’è stato un vero e proprio motivo scatenante.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il rendermi conto che stavo conducendo una vita che non era la mia, ma il riflesso delle aspettative sociali e di quelle dei miei familiari.
Nonostante avessi un lavoro in banca, impiego sicuro e tutto il resto, ad un certo punto mi sono reso conto di un profondo sentimento di infelicità e di insoddisfazione personale dentro di me.
Ero infelice.
Stavo vivendo un’esistenza rispondente a ciò che gli altri si aspettavano da me, ma non era quello che realmente volevo io.
Ero profondamente infelice in quello che facevo.
Acquisita questa consapevolezza, ho iniziato a riflettere su quale potesse essere la strada da seguire, riconoscendola nei viaggi.
Maturata questa convinzione e non avendo moglie né figli, essendo quindi libero da qualsiasi vincolo familiare, mi son detto di procedere.
Mi sono licenziato per inseguire i miei sogni e non avere il rimpianto per una vita non vissuta e devo dire che i fatti ed il tempo mi hanno dato ragione “.
La tua è quindi una fuga dalla tua stessa esistenza o cos’altro?
“Mha, in realtà la mia non è una fuga da qualcosa, non si può fuggire da sé stessi, ma un viaggio verso la mia parte più intima e genuina.
È come se avessi vissuto due vite, una volta a soddisfare le aspettative degli altri ed una volta a soddisfare me stesso e non vi è dubbio che la seconda mi abbia dato soddisfazioni di gran lunga maggiori e mi abbia soprattutto fatto sentire più sereno con me stesso, accettando anche gli errori, cosa che prima non facevo”.
Cosa rappresenta per te viaggiare?
“Viaggiare per me non è spostarsi, ma è andare verso l’ignoto, fantasticare con la mente, alla ricerca della verità, per andarla a toccare con mano.
Nel mio caso specifico, viaggiare è andare verso paesaggi inesplorati, culture tutte ancora da scoprire e persone con storie da vivere intensamente.
Tutto questo è linfa vitale che mi da una gran forza, la stessa che mi ha portato a compiere le scelte di vita di cui parlo nel romanzo e che mi fa essere sempre dalla parte delle persone.
Credo infatti che tutti noi abbiamo dei sogni che spesso reprimiamo, ma che secondo me, al contrario, andrebbero coltivati”.
Come incide la tua patologia con la tua nuova vita? Riesci a gestirla?
“Paradossalmente, riesco a gestirla meglio quando sono in viaggio, perché essendo solo, dipendo solo da me stesso, dalle mie azioni e dai miei eventuali errori, prestando molta più attenzione a ciò che faccio ed avendo una cura quasi maniacale del mio diabete.
Tanto è vero che le crisi più violente le ho avute a casa e mai in viaggio.
È paradossale, lo so, ma è così”.
In cosa ti identifichi maggiormente con il protagonista del tuo romanzo?
“Mi identifico al cento per cento nel personaggio del mio racconto, che in fondo parla della mia storia.
Ciò che però ho voluto scrivere non in forma autobiografica ma sottoforma di romanzo, è la storia di una persona comune che sceglie semplicemente di essere fedele a sé stesso e di seguire i suoi sogni.
La cosa più bella è che in tanti, tra le persone che lo hanno letto, si sono identificati nel mio personaggio”.
Riesci a “scinderti” da esso?
“Confesso che non è sempre facile farlo, e questo è anche il motivo che mi ha un po’ turbato nel tempo, facendo sì che lavorassi su me stesso.
Io sono quello, sono quel personaggio raccontato, “lui” è parte di me.
Cerco comunque di non condividere sui social una grossa parte della mia vita, per preservare il suo essere speciale”.
Perché viaggiare? Quali emozioni ti dà farlo?
“Viaggiare per me è vita vera.
Mi dà una forza incredibile, un’energia pazzesca, mi stimola e mi fa sentire anche un uomo migliore, è energia vitale.
Tant’è che durante la pandemia, quando era difficile farlo, sentivo mancarmi l’ossigeno, la base della vita “.
In che maniera questo ti aiuta a superare i tuoi limiti?Ed a quali limiti ti riferisci?
“I limiti mentali, quelli che ci impediscono di agire come vorremmo, che ci fanno temere il giudizio degli altri, l’accettazione sociale, i limiti più grandi che l’uomo si pone, gli stessi che il viaggiare fa si che cadano, dandoti la forza per spingerti oltre.
Spesso la mia caparbietà e la mia testardaggine mi hanno spinto ad andare troppo oltre, anche alla mia patologia, ma il risultato ottenuto è stato talmente gratificante che mi fa essere così, mi fa vedere il viaggio come l’andare oltre ai miei limiti”.
Sei riuscito effettivamente a rimuoverli?
“Si, direi che sono riuscito tutto sommato a rimuoverli ed anche se qualcosa rimane sempre, riesco ad andare oltre il giudizio della gente.
Le tante persone che ho conosciuto mi hanno fatto capire che non potrà mai esserci un punto di vista univoco e che, al tempo stesso, non si può mettere d’accordo tutti.
Così ho iniziato a pensare che devo mettere d’accordo prima me stesso, e con me stesso ultimamente ci vado d’accordo”.
Cosa speri per il tuo futuro?
“Il viaggio continuerà a far parte della mia vita.
Mi vedo sicuramente a scrivere ancora racconti che narrano di viaggi, di storie, di popolazioni con culture diverse, di paesaggi incontaminati.
La richiesta in tal senso è molta e se anche grazie ad un libro, una sola persona riesce a prendere in mano la propria vita ed andare oltre a quei limiti mentali di cui parlavo poc’anzi, mi ritengo soddisfatto.
Vedo davanti a me un percorso ancora lungo e non vedo soprattutto il momento in cui fermarmi.