Antonella, di Castelvetro in provincia di Modena, è madre di un bimbo di tenera età che la adora, malgrado la caratteristica che la rende unica rispetto alle altre e che non cambiarebbe con nessun’altra mamma al mondo.
La paralisi cerebrale infantile che l’ha colpita alla nascita, le causa difficoltà di deambulazione e di equilibrio, per questo si avvale dell’aiuto delle stampelle per camminare.
Una donna tenace che ha lottato, rivendicando instancabilmente i suoi diritti di persona, di donna e di madre.
DisabilmenteMamme, che ha peraltro dato un importante contributo alla proposta di legge a sostegno della maternità delle donne con disabilità, presentata pochi giorni fa nella sala di Montecitorio, è un’Associazione volta ad informare e tutelare le donne con disabilità che hanno desiderio di maternità, sempre alla ricerca di un confronto costruttivo con istituzioni e specialisti del settore, che nasce dall’esperienza personale della sua fondatrice e da quella di tante altre donne che, come lei, hanno voluto realizzare il desiderio di essere madri.
Antonella ai fornelli
“A chi mi chiede come sarei se non fossi stata disabile, non so dare risposta, perché per me la mia disabilità è semplicemente una caratteristica che mi contraddistingue dagli altri.
Probabilmente, se non lo fossi stata, non avrei mai avuto la possibilità di dar vita all’associazione di cui vado fiera.
Ho conosciuto mio marito in una clinica presso la quale facevo riabilitazione dopo un post operatorio per l’allungamento dei tendini.
Era uno dei volontari che prestava servizio in quella struttura.
Quando gli dissero che era arrivata una nuova paziente, venne in camera mia, chiedendo se avessi bisogno di aiuto.
Fu piacevolmente sorpreso nel vedere che ero una giovane donna, si aspettava di trovare una persona anziana al mio posto.
Inizialmente non mi stava granché simpatico, anzi, ma con il tempo diventammo amici.
Mi è stato accanto durante tutti gli interventi che ho subito nel corso della mia degenza e poi, sai com’è, da cosa nasce cosa“.
Non c’è stato un momento in particolare in cui il rapporto di amicizia tra Antonella e quel ragazzo che, con la dolcezza e la premura che le dimostrava tutti i giorni, le faceva battere il cuore, si è trasformato in qualcosa di più profondo.
“Credo – ricorda ancora lei stessa – che la vera svolta nel nostro rapporto è stata quando mi dichiarò il suo amore.
Non ho mai fatto pesare ai ragazzi che, anche da adolescente si avvicinavano a me, la mia condizione.
Con lui, meno che con gli altri, la mia disabilità non è mai stata un problema, visto che ha avuto tutto inizio da un’amicizia, gradualmente divenuta altro”.
Quando c’è stato da superare lo scoglio della comunicazione della loro relazione alle rispettive famiglie, i genitori di suo marito, sono stati molto più comprensivi rispetto ai suoi fratelli che hanno dimostrato da subito preoccupazione per la situazione.
“Ho capito che dovevo essere io, dimostrando di essere in grado di farcela esattamente come qualsiasi altra persona, a dar loro le rassicurazioni di cui avevano bisogno.
Penso che l’atteggiamento con cui si vive la propria disabilità cambi inevitabilmente il modo in cui gli altri la percepiscono
Anche la scelta di diventare mamma è stata una cosa del tutto naturale.
Quando si crea una famiglia è normale aver voglia di dar vita ad una creatura, frutto della fusione di due amori.
Il desiderio di maternità è stato perciò quasi istintivo, se pur consapevole di non voler in nessun modo che un domani la mia situazione potesse pesare su mio figlio”.
Hai ricevuto la giusta assistenza ginecologica prima del parto? Anche in termini di accessibilità delle strutture, hai trovato ostacoli?
“I consultori spesso non sono per nulla accessibili e nonostante vi siano operatrici molto carine, disponibili a darti una mano, non c’è però nessun margine di autonomia.
Ricordo che ho dovuto sottopormi a due o tre visite consecutive, che ho preferito fare privatamente da una ginecologa che adoro, anche perché lì c’era il lettino accessibile, uno di quelli con le gambe, che si aprono gradualmente”.
Cosa pensi possa essere utile per una donna in gravidanza?
“Con Disabilmente mamme diamo l’opportunità a chi si associa, di potersi rivolgere, gratuitamente o comunque a prezzi agevolati, a professionisti quali ginecologi, psicologi, assistenti sociali.
Con le esperienze delle donne che hanno aderito all’associazione, abbiamo un po’ tracciato una strada, che mi auguro con tutto il cuore le future mamme possano seguire, per non dover più vivere i trascorsi di noi altre che le abbiamo precedute.
Spero tanto di poter essere per le mamme di bambine con la mia stessa disabilità uno specchio tramite cui guardare le loro figlie ed il loro futuro, che in fondo, non è poi così diverso da quello di qualsiasi altro bambino.
Con Disabilmentemamme facciamo rete, perché se è vero il proverbio che dice che da soli si vada più veloci, insieme si va senz’altro più lontano e spero che tutti insieme andremo lontanissimo”.
E del periodo successivo al parto cosa mi dici?
Antonella dopo il parto
“Quello è stato il momento più difficile da superare, in quanto subito dopo il parto sono intervenuti i servizi sociali e quindi mi sono sentita un po’ “ sotto osservazione”.
Inoltre dieci giorni dopo il parto mio figlio ha avuto un rigurgito, stava per soffocare e quindi sono dovuta ritornare in ospedale per i vari controlli.
È stato tutto estremamente difficile dopo il parto.
Penso che si presti poca attenzione alla cura ed al benessere psico – fisico della mamma”.
E dal punto di vista pratico?
“Mio marito mi ha aiutata tanto in quel periodo, anche mia suocera mi è stata sempre vicina.
Certo, sarebbe tutto più facile se ci fossero più ausili per le madri con disabilità, per chi ha difficoltà alle mani come me, ad esempio, passeggini con porta stampelle che non rischino di ribaltarsi col bambino dentro, più semplici da chiudere da riporre in macchina.
Tutto questo forse è pura utopia, non succederà mai o magari qualcuno inizierà, prima o poi, a pensare che esistiamo anche noi”.