Giovanni, un animo coraggioso che si muove tra le colline del suo paese, affrontando con determinazione una malattia neurodegenerativa rara, fiero di vivere nel suo mondo pieno di passioni: dalla riabilitazione, alla advocacy per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, alle sue aspirazioni personali di vita, un amore ed una famiglia con dei bambini.
Ha 54 anni Giovanni e vive a Dogliani, un piccolo borgo situato tra colline rigogliose di vigneti in provincia di Cuneo.
Giovanni
“Sono nato sano.
Correvo e parlavo come tutti gli altri bambini, ma all’età di due anni e mezzo ho cominciato a cadere all’indietro con frequenza sempre maggiore, tanto che poco a poco ho smesso di camminare e facevo molta fatica a parlare.
Da quel momento, le visite e gli esami a cui sono stato sottoposto sono stati infiniti ed estenuanti.
Ho anche trascorso un lungo periodo di degenza in ospedale ma, a tutt’oggi, non ho una diagnosi della patologia con la quale convivo praticamente da sempre.
Si ipotizza possa trattarsi di Hallervorden Spatz, una sindrome neurodegenerativa rara”.
Patologia che si manifesta con disfunzioni extrapiramidali progressive e demenza, con un tratto distintivo, l’accumulo di ferro nel cervello, associato a sintomi motori e deterioramento cognitivo nel corso del tempo.
“Sono in carrozzina.
Ho due fratelli, più piccoli di me.
Marco è nella mia stessa condizione fisica, se non leggermente più grave, e Claudio, ha invece solo una lieve spasticità alla parte sinistra del corpo, ma è in grado di guidare e di lavorare, è sposato ed ha due bei bambini.
Abbiamo solo la mamma, papà è mancato otto anni fa a causa di un incidente con il trattore.
Da allora siamo stati costretti a farci aiutare da una persona che potesse dare una mano a mia madre, rimasta sola a gestire tutto.
Tra assistente e riabilitazione, le spese da sostenere sono tante e spesso ci risulta quasi impossibile andare avanti”.
Come si svolge la tua quotidianità?
“Amo fare riabilitazione, quindi gran parte del mio tempo lo dedico a quello, per il resto trascorro molto tempo al pc.
Mi piace navigare in internet, ho tantissimi bei contatti che sono la mia vita.
Ultimamente, come volontario, mi sto occupando di tutela dei diritti delle persone con disabilità, faccio parte di vari comitati e di numerose associazioni, in prima linea nella difesa dei più fragili.
Quando ne ho l’occasione partecipo anche ad incontri, convegni e giornate di preghiera.
Sono, inoltre, animatore dei ragazzi in oratorio e canto nel coro dei giovani della mia parrocchia.
Al momento non sto lavorando.
L’ho fatto fino ad alcuni anni fa, ero in una cooperativa sociale di Alba e mi occupavo di attività di segreteria e di contabilità”.
Hai mai avuto una relazione sentimentale?
“Sì ne ho avute, ma tutte sporadiche e mai sfociate in qualcosa di stabile e duraturo.
L’ultima in ordine di tempo, è stata quella con una ragazza con la quale c’è stato anche un rapporto fisico.
Un momento di profondo piacere.
Non mi ero mai sentito così prima di allora.
Mi sentivo appagato, in un dare – avere continuo, un dono reciproco, condiviso, ci amavamo davvero tanto.
Insieme a lei, avrei affrontato di tutto
Nonostante non sia avvenuta in malo modo, la fine della nostra relazione ha lasciato una profonda ferita dentro di me.
Un sentimento talmente intenso il nostro, che ancora adesso, a distanza di tempo, ripensando a quegli sprazzi di felicità, mi emoziono come allora, sino a commuovermi”.
La tua disabilità ti permette di praticare autoerotismo?
“Sì, riesco a farlo ma con fatica, soprattutto perché la mia famiglia è cattolica praticante e sin da piccolo mi hanno sempre detto che non bisogna toccarsi, altrimenti si fa peccato.
Se ti sporchi, ti bagni, e poi bisogna che tu ti pulisca o addirittura che cambi vestiti e questo non si deve mai fare, specialmente ora che sono adulto.
Ciò mi impedisce di vivere questa parte di me, che ritengo essere fondamentale per avere una vita piena.
Una paura sottile mi impedisce di farlo, anche se ne avrei tanto bisogno e quando lo faccio, temo sempre arrivi qualcuno a rimproverarmi per quanto ho fatto.
I genitori dovrebbero favorire il benessere dei figli anche sul piano del piacere sessuale, invece i miei familiari, seguendo i precetti della chiesa cattolica che demonizza questi “gesti “, mi hanno sempre ostacolato.
Queste convinzioni mi limitano, impedendomi, ancora oggi, di poter vivere una sessualità libera da pregiudizi e false ideologie”.
Di cosa avresti bisogno per poterlo fare?
“Che ci fosse qualcuno/a al di fuori dalla famiglia che mi spogliasse, da solo non riesco a farcela, senza farmi pesare la cosa e che, una volta nudo, mi lasciasse solo con la mia intimità.
Ho bisogno di una persona che possa aiutarmi nell’igiene personale, necessaria, terminato il “momento “.
Come ti immagini in una futura vita di coppia?
“Immagino di poter vivere una relazione sentimbentale stabile e duratura, con tantissimi momenti felici, pieni di amore.
Desidero avere una famiglia, una donna che mi ami per quel che sono.
Una casa, una moglie e dei bambini.
Sono consapevole che l’età è quella che è, ma ad immaginare, a sognare, non si fa sacrilegio.
Sono pienamente conscio delle difficoltà che mi attendono ancora nel mio cammino, ma non mi arrendo.
La vita è troppo bella per non essere vissuta, accontentandosi delle briciole, bisogna puntare in alto, la provvidenza poi farà il resto”.
Un racconto che sottolinea l’importanza di sostenere chi, come Giovanni, persegue l’ideale di una vita appagante, libera da vincoli superflui e da pregiudizi.
Una storia che sottende una realtà purtroppo diffusa che ci sprona ad abbattere le barriere sociali e culturali per riconoscere la dignità e le aspirazioni affettive di ogni singola persona.
Fonte:
https://www.osservatoriomalattierare.it/news/sperimentazioni/10902-sindrome-di-hallervorden-spatz-positivi-i-primi-dati-clinici-su-terapia-sperimentale-re-024