“Le mie pazienti guardano oltre il camice che indosso”

Celebriamo la giornata internazionale della donna raccontandovi la storia di una professionista che, con impegno e dedizione, ha scelto di dedicare la propria vita al prendersi cura del benessere delle donne con disabilità.

“Sono mamma di tre figli e credo di aver sempre insegnato anche a loro che l’inclusione è l’arma migliore per combattere un mondo che tende ad emarginare, a non vedere le difficoltà dell’altro ed a girarsi dall’altra parte.
Io non distolgo mai il mio sguardo, non solo da professionista ma anche e soprattutto come donna.
Sono consapevole che la strada verso una società del tutto inclusiva è ancora lunga, ma penso, insieme ai miei colleghi, di avere gettato un piccolo seme in questa direzione.
È iniziato tutto casualmente… “.
Con il racconto della propria esperienza personale e professionale della dottoressa Paola Castagna, Dirigente medico in Ginecologia e Ostetricia Città della Scienza e della Salute di Torino Presidio Ospedaliero Sant’Anna, Responsabile del Centro Soccorso Violenza Sessuale, prosegue il nostro viaggio in quelle che sono le strutture sanitarie accessibili alle donne con disabilità.


Il Presidio Ospedaliero Sant’Anna di Torino è una delle poche eccellenze del settore nel nostro Paese, come ci dice lei stessa, lasciandoci condividere le emozioni di una donna che ha fatto della propria professione una missione, dedicando parte della sua vita alla cura delle persone fragili.

Dottoressa Paola Castagna, Dirigente medico in Ginecologia e Ostetricia Città della Scienza e della Salute di Torino Presidio Ospedaliero Sant’Anna


“Personalmente e professionalmente non ho mai fatto distinzione tra le pazienti.
Non ho mai ritenuto possano esistere persone “diverse”, ma credo semplicemente che ci siano persone con bisogni speciali, necessità che vanno assolutamente assecondate.
Questa consapevolezza ha dato vita all’idea di creare un posto dedicato, non solo come luogo fisico, ma anche come tempo e “spazio mentale” di operatori sanitari, quali ginecologi ed ostetrici che lavorano al suo interno, garantendo una continuità di cura.


Spazio mentale, per noi significa acoglienza e capacità di relazione”.
“Quando nel 2010 mi è stato proposto, di dirigere questo ambulatorio, non ho esitato neanche per un istante.
Ho accettato l’incarico, consapevole che avrei dovuto studiare molto e relazionarmi anche con donne con disabilità e che mi sarei trovata faccia a faccia con patologie molto particolari per le quali non avevo alcuna esperienza.
Dietro il mio camice c’è prima di tutto una donna consapevole di quanto sia giusto, ancor prima che necessario, creare un posto dedicato e facilitato per le donne che spesso hanno serie difficoltà ad essere visitate in altri contesti, con personale non formato e che a volte, viene trattata frettolosamente.
Bisogna dare e prendersi tempo e questo è possibile farlo solo in un ambulatorio come il nostro.
L’aver preso coscienza delle esigenze presenti sul nostro territorio, ci ha spinto a creare una struttura in cui il percorso delle donne con disabilità, che vogliono effettuare una visita ginecologica o ostetrica, risultasse più semplice, non solo in termini di eliminazione delle barriere architettoniche, ma anche in quanto alla presenza di ausili dedicati, come lettini automatici, sollevatori, ecc…
Nel nostro Centro vi è un “tempo dedicato”, nel quale si effettuano più prestazioni in un unico contesto e ciò consente alle pazienti di evitare spostamenti e prenotazioni presso vari ambulatori in giorni diversi.
Il lavoro che svolgiamo è sempre di equipe, anche grazie alla rete dei vari specialisti che seguono la paziente con l’obiettivo di porre sempre la donna al centro di ciascuna prestazione professionale.
Credo che tra le sfide che vadano ancora superate, ci sia il pregiudizio che investe la sfera sessuale ed il desiderio di maternità delle donne con disabilità”.
“Su tale aspetto sarebbe opportuno un confronto tra i diversi operatori, coinvolgendo anche le famiglie, i caregiver e le persone che si prendono cura, a vario titolo, di chi ha una fragilità.


L’ambulatorio” Donne con Disabilità” per me è stato, ed è a tutt’oggi, un luogo non solo di cura e di prevenzione, ma anche di incontro e di scambio di sensazioni, di fatiche, di emozioni e di gioie.

Imparo molto dalle pazienti, dai famigliari, dagli educatori, dal loro coraggio nell’affrontare le difficoltà e dalla loro voglia di rinascita.
Mi emoziona fare questo mestiere, mi emoziono quando le mie pazienti mi abbracciano e mi piace pensare che lo facciano proprio perché hanno la sensibilità di vedere oltre il camice che indosso.


Tengo gelosamente nel cuore, facendone tesoro, una frase di una mia paziente con una paraplegia che, a seguito di un grave incidente stradale mi disse: “aiutatemi a conoscere il mio corpo e ad imparare nuovamente ad amarlo”.
Si, perché i traumi a cui una persona può andare incontro nel corso della sua vita, possono essere tali da sconvolgerla completamente.
Spesso si stenta persino a riconoscere se stessi in un fisico che non è più quello di prima e si deve imparare a convivere in una realtà nella quale non ci sono certezze ma solo incognite.
Mi rimetto in gioco tutti i giorni, come donna “sulle mie ruote”, affinché anche quelle possano risultare interessanti, eccitanti.
In fondo anch’esse fan parte di me.
No, non ho una disabilità.

Non sono in carrozzina, proprio per questo credo fermamente di avere il dovere morale e professionale di occuparmi di chi ha una disabilità, non in quanto differente come persona, ma in quanto persona con bisogni diversi…..

Mirella Madeo

Giornalista pubblicista ed Avvocato, disabile. Ho 50 anni e vivo a Ravenna.

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