Sex appeal e disabilità, sensualità che oltrepassa le sinuosità delle curve di un corpo “perfetto”

Armanda, perdutamente innamorata di Stuart e Matilde, i suoi meravigliosi cani, è una donna grintosa di 55 anni, ideatrice di Sensuability, un Progetto che, ad oggi conta un cortometraggio, cinque edizioni di un concorso a tema ed una mostra di fumetti.

Un’iniziativa che vuol abbattere gli stereotipi ed i tabù che ruotano attorno alla sessualità ed alla disabilità, attraverso le più varie espressioni artistiche.
Ha l’acondroplasia , comunemente conosciuta come nanismo, una sindrome caratterizzata da un’anomalia dello sviluppo scheletrico che si manifesta con un’evidente asimmetria di tutti e quattro gli arti, rispetto al tronco, che per questo, ha vissuto, e continua a vivere, sulla propria pelle i pregiudizi legati alla sua condizione.

Amanda in uno scatto per Sensuability


Ciò che mi ha spinto a dar vita a questo Progetto, è stata la voglia di parlare nella giusta maniera e senza filtri della sessualità, un tema che ha permeato tutta la mia vita, un argomento di cui nel nostro Paese si continua a parlare poco e, quando lo si affronta, non lo si fa comunque correttamente.
Nel 2016, una nota regista ha indetto un casting per la ricerca di “un nano” che facesse tenerezza”.

Purtroppo, nell’immaginario collettivo la persona con disabilità è spesso associata a questo sentimento.
È stata quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Da quel momento ho deciso che volevo essere io stessa a dire come essere rappresentata, ovvero senza compassione, senza pietismo e senza lo stereotipo del supereroe o della vittima, ma semplicemente per ciò che sono, una donna, come tante, che lavora, che ha degli amici e con una storia sentimentale importante alle spalle.
Mi piacerebbe poter vivere in un Paese che non si nasconda dietro un dito, evitando di pensare che le persone con disabilità siano prive di pulsioni e di desideri sessuali, al pari di ogni altro individuo.
Una persona con le sue fragilità ed i suoi punti di forza, che ha una disabilità, si, ma che è solo una parte di me, ecco cosa sono.
Non amo parlare di affettività riferita alla disabilità, visto che in qualche modo la società riconosce a noi persone disabili il diritto di avere delle relazioni affettive, non ci sono stereotipi e tabù, una cosa ben diversa però dalla sessualità che, a differenza dell’affettività, implica principalmente una fisicità.


Un corpo non conforme ai canoni “stabiliti” dalla società, è il grande assente nella sessualità, un tassello che fa la differenza.
Ciascuno di noi vive la propria sessualità in maniera differente, in fondo, ogni corpo è diverso dall’altro.
A
nche con le mie difficoltà oggettive, vivo la mia sessualità come tutti.
Dietro i sorrisi di chi si fa beffa della mia statura, leggo la paura ed il tipico imbarazzo di chi non conoscere la diversità.
Ed è per questo penso sia fondamentale, affinché non se ne sia spaventati, far conoscere alla gente che cos’è la disabilità.
Ma oltre agli sguardi curiosi delle persone che incrocio per strada, a ferirmi di più sono le espressioni offensive, che mi colgono spesso in momenti di spensieratezza e di goliardia con i miei amici, quando abbandono le difese e dismetto la corazza che mi sono cucita addosso per proteggermi da esse.
È lì che arriva la batosta, ancor più dura da metabolizzare quando chi ti giudica è una persona che ti conosce e sa chi sei.
Ma forse la cosa che mi fa più male è lasciare che queste cose mi feriscano,
continuando così a dar potere a chi mi offende.
Nelle mie passate relazioni sentimentali, è avvenuto tutto con naturalezza.
Incontri fortuiti, storie nate attraverso amici in comune o conoscenze fatte sul web, il mezzo oggigiorno più utilizzato da quanti, totalmente assorbiti dal tran tran quotidiano, non hanno tempo da dedicare alla propria vita sociale.
Uno strumento, quanto mai utile, per chi, come me, ha una disabilità e che, a causa delle barriere architettoniche, come scalini all’ingresso, banconi e sedie troppo alte dei pub o di servizi igienici posti al piano inferiore dei vari locali, non avrebbe altrimenti modo di poter conoscere altre persone.
Fino a qualche tempo fa ero riuscita a far pace con il mio corpo, cominciando pian piano a piacermi.
Quello con la mia fisicità è un rapporto altalenante.
Come succede a tutti, ci sono giorni in cui mi vedo bellissima, altri invece che vorrei coprire tutti gli specchi di casa.
La menopausa ultimamente ha rimescolato le carte fisiologiche
,
sconvolgendo letteralmente il mio orologio biologico, così ho nuovamente litigato con il mio corpo, del quale devo ancora metabolizzare i cambiamenti ed imparare di nuovo a riconoscermi in esso.
Al momento quindi, io ed il mio fisico ci rivolgiamo a malapena la parola.
La sensualità è qualcosa di inafferrabile, di innato, molto più potente dell’essere sexy.
Mentre per esser sexy è sufficiente indossare un reggiseno particolare o un reggicalze, la sensualità, al contrario, può esprimersi anche con un semplice gesto, una parola, attraverso l’ironia o nella leggerezza di chi non si prende troppo sul serio.
Ci sono giorni in cui mi sento più sensuale rispetto ad altri in cui sento invece di esserlo meno, preferisco però essere sensuale piuttosto che bella
.

Ho conosciuto tante persone “fisicamente perfette”, ma senza alcun appeal.
La bellezza, per quanto mi riguarda, non sta in ciò che si guarda, ma in ciò che si è e in ciò che si sente
.

Mirella Madeo

Giornalista pubblicista ed Avvocato, disabile. Ho 50 anni e vivo a Ravenna.

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